Sandy Cane: “aderisco allo sciopero”

Viggiù non è Varese, chiaro, ma la decisione di Sandy Cane, sindaco del comune varesino e prima donna di origini afroamericane eletta nelle fila del Carroccio, di aderire – seppur simbolicamente, poiché gli uffici comunali oggi rimarranno aperti – allo sciopero dei sindaci arriva puntuale a ravvivare l’incendio scoppiato in casa Lega Nord che, al di là dello sciopero, riguarda equilibri di potere che in parte si stanno manifestando anche con il congresso cittadino a Varese, capitale della Padania.

Io ci tengo all’onore, vado al bar, sto seduta alla panchina con la gente, lo sanno che ero d’accordo con questa protesta e devono sapere che non mi sono tirata indietro, che non ho accettato il veto. Mi sputerebbero in faccia se adesso dicessi che abbiamo scherzato.

Non c’è nessun problema, la mia tessera è in sezione a Viggiù, il segretario ha espresso qualche dubbio sulla mia posizione ma io ribadisco tutto. Se mi vogliono espellere lo facciano. Ma  io non vado contro la Lega, sono leghista e penso che da leghista si debba scioperare.

L’impostazione leninista vorrebbe l’espulsione. Staremo a vedere.

Update: se da un parte c’è Sandy Cane, dall’altra c’è Lady B, detta anche “la ventriloqua”, o “l’anima nera del movimento”.

Fontana e Tosi, un passo indietro, prego

Convocati in fretta e furia dal figlio del Senatùr – non ridete, non è una barzelletta -, i colonnelli della Lega Nord hanno adottato un documento con il quale si vieta ai sindaci leghisti di partecipare allo sciopero dei sindaci indetto dall’Anci per giovedì.

I principali destinatari, che vengono sempre più spesso accostati alla corrente dei maroniani, sono Flavio Tosi (sindaco di Verona) e Attilio Fontana (sindaco di Varese e presidente dell’Anci Lombardia, carica che renderà sicuramente difficile la sua scelta). A loro ha fatto riferimento anche Federico Bricolo, capogruppo al Senato,

affermando che bisognerebbe cominciare a pensare qualcosa per stoppare quei sindaci che invece di parlare delle problematiche delle loro città si permettono di affrontare temi di carattere nazionale, sfilando al fianco di Alemanno a Milano e andando contro al governo sulla stampa nazionale… ha di fatto tracciato un identikit di Tosi e del suo collega di Varese Attilio Fontana.

Si tratta dell’ultimo atto, in ordine cronologico, della guerra tra bande scoppiata all’interno della Lega Nord, dove la successione (non secessione, eh) al grande capo attira le mire di molti. Il Cerchio magico si stringe attorno a se stesso, forse troppo: quando si passa dalle strigliate del capo (come a Pontida, nel luglio 2010, quando Bossi fece riferimento ai “leghisti del Lago Maggiore” a caccia di poltrone) ai documenti e ai provvedimenti ufficiali per contrastare rivali di primo piano e non più rampanti consiglieri provinciali del nord-est, vuol dire che la leadership sta cedendo il posto all’esercizio di un potere, che rimane, ma solo sulla carta.

Update: abbiamo chiesto a Fontana che farà. Attendiamo risposta:

Update/1: questa mattina Fontana ha dichiarato:

“Lo sciopero è un’iniziativa di Anci nazionale. Se non lo faccio, però, è chiaro che non posso restare a fare il presidente in Lombardia, sarei io stesso a dimettermi”.

“Non ho mai negato uno solo dei valori che stanno alla base della Lega Nord: ho tutelato il territorio, l’autonomia, il federalismo”. Se fosse espulso dal Carroccio? “A quel punto, non potrei più restare a fare il sindaco di Varese, tornerei a fare l’avvocato”.