Xenofobia per tutti

Il seguente post nasce da questo scambio di battute.

Dall’entrata dei populisti nel parlamento svedese, il 19 settembre, la crescita dell’estremismo comprende ormai una ampia frangia di Stati, dai Paesi Bassi all’Ungheria passando per la Danimarca, la Norvegia e l’Austria. L’estrema destra non è uguale dappertutto. Il suo discorso si distingue perché si rifà alla tradizione politica di ciascuno di questi paesi, attraverso la storia dei partiti che la strutturano: alcuni, come nei Paesi Bassi, conservano della loro origine liberale un’apertura sui temi “di società”; altri, come in Danimarca, sono segnati dalla loro origine conservatrice. Ma c’è un tema nuovo che è comune alla maggior parte dei partiti che la rappresentano: il rifiuto dell’islam. [..] È stato Geert Wilders, nei Paesi Bassi, il primo a mettere il rifiuto dell’islam al centro del programma dell’estrema destra europea. Il referendum svizzero sulla proibizione dei minareti, nel novembre 2009, è stato accolto con entusiasmo dalle formazioni populiste. Il Vlaams Belang, nelle Fiandre, e il Partito del popolo danese (DF) avevano chiesto di fare tali consultazioni anche nei loro paesi. […] In Danimarca, il governo liberal-conservatore non avrebbe la maggioranza senza il sostegno del Partito del popolo danese. La Lega Nord è al governo con Silvio Berlusconi. Nei Paesi Bassi, i liberali e i cristiano-democratici stringono un accordo di maggioranza con Geert Wilders senza suscitare reazioni. A diciotto mesi dalle elezioni presidenziali e legislative francesi, sono tutte buone notizie per il Front National.

Europa: l’estrema destra dopata dall’islamofobia, Le Monde, 12 ottobre 2010

Islamofobia e xenofobia sono i due pilastri sui quali si basa il recente successo dei partiti di estrema destra in Europa, tra i quali Le Monde inserisce anche la Lega Nord. Ma, per una volta, non ci concentreremo sulla Lega: guarderemo ai populisti, e non solo a quelli svedesi. Già, perché il buon senso vorrebbe che dietro a un’esplosione del genere ci siano delle forti tensioni sociali. In questo caso, un’esplosione di stranieri, in maggioranza islamici.

I dati Eurostat, invece, restituiscono:

In Danimarca, Olanda e Svezia, dove il risultato dell’estrema destra sembra particolarmente anomalo, dato che siamo portati a considerare questi paesi dei punti di riferimento in quanto ad accoglienza e integrazione, non c’è stato nessun boom di immigrati, anzi. In Danimarca e Svezia la presenza di cittadini stranieri è stabile dal 1999, mentre in Olanda i cittadini stranieri sono addirittura diminuiti, sia in cifra assoluta che rapportati alla popolazione.

Tassi di crescita sostenuti – non identici, ma che sembrano comunque paragonabili – hanno riguardato Regno Unito e Italia, due paesi che hanno conosciuto l’immigrazione a distanza di molto tempo. In Gran Bretagna si è verificata una crescita dei consensi verso i partiti di estrema destra, nell’ultimo anno.

L’andamento elettorale della Lega Nord è invece più altalenante:

Ilvo Diamanti, in Mappe dell’Italia politica, delinea una correlazione tra l’andamento elettorale della Lega e la posizione della Lega rispetto a Berlusconi (il 1996 è emblematico) fino ai primi anni 2000, anni in cui la retorica leghista subisce una forte virata, concentrandosi sul fenomeno migratorio, con sparate alla Borghezio, per intenderci. Dopo il minimo storico del 2001, la crescita è continua.

Il dato sorprendente, però, è quello spagnolo. In questo caso, boom dei flussi migratori ma nessun sussulto xenofobo o di estrema destra di entità rilevabile, che io sappia. Anzi, alle passate elezioni in Catalogna, sembra che i partiti catalani si fossero messi d’accordo per eliminare dalla campagna elettorale l’immigrazione, preoccupati dalla possibilità di “eccessiva demagogia”. (Da quanto mi riferiscono, solo in Catalogna esiste un partito – di recente formazione, con al momento scarsi consensi – chiaramente xenofobo: Plataforma per Catalunya).

Insomma, la tesi è azzardata, ma a me non sembra che esista una forte correlazione tra presenza di stranieri e voti ai partiti xenofobi. In Italia, la crescita della Lega – ottenuta con i posti sui tram per i milanesi e pipì di maiale – si associa, tra l’altro, a un dato interessante: più di un terzo delle nuove imprese sorte in Lombardia nell’ultimo decennio sono guidate da stranieri. Questo per dire che al di là degli slogan politici c’è tutto un mondo, fatto di vita reale, che sarebbe opportuno riscoprire.

Le ragioni della crescita dei partiti xenofobi, forse, vanno cercate anche da qualche altra parte, non solo nella crescita della presenza di immigrati.

(Grazie a Natàlia per la consulenza catalana).

21 pensieri su “Xenofobia per tutti

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  3. Bellissimo post.

    Probabilmente la xenofobia è maggiormente legata alla crescita economica: quando le risorse a disposizione diminuiscono, o non aumentano come una volta, è facile dare la colpa all’untore straniero e quindi a cercare di aumentare le risorse destinate agli autoctoni attingendo alle risorse destinate agli immigrati.

      • No, è che uno viene qua a brontolare su (alcuni) post, però poi ci deve pur essere uno che i post li pubblica. Inoltre poi uno tende a commentare più i post che non gli piacciono, piuttosto che quelli su cui si trova d’accordo.

  4. Io sarei cauto nel definire islamofobico chiunque abbia una reazione negativa alla presenza musulmana in Europa e altrove.

    Quando, per esempio, un regista olandese viene letteralmente sgozzato in pieno centro ad Amsterdam solo perché si è occupato della condizione femminile nella cultura musulmana, forse più che di islamofobia si può paralre di compresnibile preoccupazione, e sarebbe molto più preoccupante il fatto che non si manifestasse, piuttosto che il fatto che si incanali nel voto a partiti sostanzialmente nazisti (“populisti”, come scritto sopra, mi pare proprio un eufemismo).

    Non si può dare valutazioni fuori da qualsiasi contesto. E il contesto di questi ultimi anni è fatto di alcuni elementi che non comprendere nell’analisi produce inevitabilmente risultati fuorvianti:

    – la progressiva scomparsa di regimi socialisti nei paesi arabi a favore di governi più o meno legati al fondamentalismo islamico (ultima preoccupazione, quello che rischia di accadere in Tunisia);
    – il più clamoroso e devastante attentato di tutti i tempi compiuto per la prima volta nella storia nel “cuore” dell’occidente, con un impatto mediatico immenso e rivendicato dall’estremismo islamico;
    – la comparsa nella vita quotidiana di milioni di cittadini europei (e non solo) di fatti – legittimi/legali o meno che siano, non è questo il punto – come le preghiere di massa di fedeli musulmani, donne coperte più o meno integralmente di veli, nascita di partiti d’ispirazione musulmana, ammazzamenti e sgozzamenti di ragazze che avevano osato fidanzarsi con ragazzi autoctoni da parte di genitori musulmani, “fatwe” lanciate contro chiunque osi criticare più o meno duramente l’islam (dai registi, agli scrittoi, fino ai vignettisti) con conseguenti omicidi o necessità di protezioni da parte dello Stato, eccetera, eccetera. (è notizia recente che l’imam di Cordoba ha chiseto di poter far tornare i fedeli musulmani a pregare nella cattedrale della città, come “risarcimento” per la cacciata dei mori oeprata da Filippo III nel 1609!!!).

    Un fenomeno affermatosi con una velocità estrema e la velocità con cui si dispiega un fenomeno è variabile decisiva nella produzione dei suoi impatti, nella fattispecie, per esempio, rendendo più diffcile la sua “digestione” da parte delle comunità autoctone.

    Di fronte a queste considerazioni a me quello che pare il vero pericolo non è l’affermazione dei partiti neonazisti persino in paesi campioni di socialdemocrazia. Perché questo fatto mi pare più l’effetto della completa assenza da parte degli Stati, della Politica e, più precisamente, proprio della sinistra nell’elaborazione di policy capaci di regoalre e contenere il fenomeno. Finché a sinistra si continuerà a balterare del astrattamente di “diritti di culto” costituzionalmente garantiti, di accoglienza “dovuta”, di immigrazione “inevitabile”, di relativismo per cui il trattamento bestiale delle donne da parte di alcune culture in fondo rispecchia “solamente” il fatto che quelle culture sono a uno stadio evolutivo precedente al nostro (“perché anche noi eravamo così”), e tutta ‘sta trafila di stronzate che poi, a margine, favoriscono l’incremento di un “esercito industriale di riserva” fuinzionale alle imprese per contenere i salari, allora il risultato non può che essere quello per cui un cittadino più che comprensibilmente spaesato o preoccupato dal fenomeno si rivolga – tanto più in condizioni di risorse pubbliche scarse e crisi economica galoppante – alle uniche forze politiche in grado di elaborare risposte, perquanto oggettivamente incivili, razziste e violente esse siano.

    E’ la sinistra e la politica blaterata astrattamente nei salotti senza più il minimo aggancio con l’esperienza dei cittadini che mi preoccupa, insomma. L’avanzata nazista ne è risultato del tutto lineare.

    daniele,milano

    P.S.:
    ah, peraltro, ci sarebbe da dire che di fronte ai nazisti dei vari paesi europei, c’è da leccarsi i baffi ad avere com e risposta, qui in Italia, qui al Nord, un partito come la Lega che, onestamente, è difficile da incasellare sic et simpliciter tra i neonazisti.

  5. Ma quindi, la risposta corretta, di sinistra, alla pressione migratoria proveniente anche dai paesi islamici, nel contesto che hai descritto – in cui i media la fanno da padrone -, quale potrebbe/dovrebbe essere?
    Chiedo senza voler essere provocatorio, davvero.

  6. Mah da sinistra non saprei. Da ateo anticlericale e mangiapreti, per quanto mi riguarda, chiuderei le moschee esattamente come chiuderei le chiese. Viva la Repubblica Popolare Cinese!!!

    Battute a parte, io non ci capisco una mazza di immigrazione. Però credo che una politica di forte regolamentazione degli accessi (in quantità e in qualità), controlli ferrei sul rispetto delle leggi (compresa quella sul reato di immigrazione clandestina) e percorsi più o meno forzosi di abbandono di pratiche magari anche legali ma francamente vomitevoli come quella di bardare le donne e trattarle come merde, sarebbe già qualcosa.

    In ogni caso, prima di tutto cercherei di uscire con la testa dalle nuvole e viaggiare rasoterra per capire cosa succede davvero sul territorio. Senza aver paura di scrollarsi di dosso un po’ di luoghi comuni da sinistra d’antan: Per esempio, quando per lavoro ho frequentato tanto le fabbriche, ho imparato da chi viveva gomito a gomito tutti i giorni con gli immigrati che non tutti gli stranieri sono uguali. E tutti i lavoratori, con il pragmatismo che li connota, distinguevano senza tante balle (sapendo cioè che ci sono le eccezioni, ma sono appunto eccezioni) tra “i senegalesi” (tutti quelli dell’africa sub sahariana) socievoli, lavoratori, affidabili, “i marocchini” (tutti quelli della sponda mediterrane africana) solitari, presuntuosi, scontrosi, inaffidabili e “i rumeni” (o “gli albanesi”, tutti quelli dell’est), indisciplinati e un po’ fancazzisti. Di orientali, in fabbrica, neppure l’ombra.

    E allora possiamo dire che non tutti gli stranieri sono uguali oppure dobbiamo sentirci in colpa perché si tratta di un’affermazione non conforme alla versione buonista e un po’ posticcia dei precetti dell’universalismo illuminista o dell’ecumenismo un po’ nipocrita del cattlicesimo?

    daniele,milano

    • Sono completamente d’accordo sulla lotta alle pratiche “legali ma vomitevoli”, come dici.

      Assegnare i punti agli immigrati, valutarli per la “qualità”, pur non trovandomi d’accordo, ti segnalo che è una delle proposte adottate dal Pd all’ultima Assemblea nazionale.
      Come le decidiamo le qualità? Titolo di studio, età, fedina penale? Un giovane albanese laureato avrebbe più diritto a non essere respinto – e di trovarsi, comunque, inquadrato come semplice manodopera – di un padre di famiglia, che non ha studiato, ma che vuole mantenere una famiglia rimasta nel Paese d’origine? Francamente, a me sembra un’idea poco di sinistra. (Poi possiamo discutere se sono buonista, obviously).

      Sulla quantità, è ciò che prevede la Bossi-Fini, e i risultati sono pessimi, perché il decreto flussi si trasforma in sanatorie di fatto di clandestini già residenti in Italia. Però, a livello comunicativo, funziona molto.

      Sulla questione dei luoghi comuni. Qualche mese fa ho conosciuto un rumeno che non hai idea di che culo si facesse, e di quanto fosse disponibile. E sarebbe un fancazzista, e non un lavoratore, secondo i lavoratori, perché è nato in Romania. Bah. Ne ho conosciuti anche altri, muratori dell’est Europa, che arrivano nella pizzeria da asporto dove lavoro, il sabato sera, magari quando stiamo per chiudere, che ancora un po’ non si reggono in piedi. Poi ci sono i rumeni scippatori e assassini, chiaro.
      Per come la vedo io, andare oltre i luoghi comuni significa non generalizzare e considerare ciascuna persona per ciò che è e per ciò che fa. (Anche qui, sarò buonista, ne possiamo discutere).

      Certo, sintetizzare tutto ciò in uno slogan è difficile. “I cinesi a casa loro”, invece, funziona. E che ci posso fare…

    • Potrà sembrare una stupidata, ma secondo me non è da sottovalutare che ci siano cose ancor più minime rispetto a moschee e quant’altro. Ad esempio, in condomini con molta presenza straniera, spesso accadono liti e disquisizioni sugli odori provenienti dalle cucine degli immigrati, che come si sa prediligono sapori forti. Magari qualcuno mi dirà che sto esagerando, però io sono stato in luoghi simili ed effettivamente la cosa (alla lunga) può diventare fastidiosa. Perché è facile parlare di tolleranza, ma poi devi considerare anche chi la vive sulla propria pelle: è anche su queste cose che bisogna dare delle risposte.
      Ovviamente non sono contro l’immigrazione, però la penso come Daniele per quanto riguarda il controllo dei flussi, e, come ha ribadito Stefano, anche il PD nell’ultima assemblea era su questa linea.
      Poi concordo con Stefano: lasciamo stare i luoghi comuni, anche perché noi all’estero dovremmo essere tutti mafiosi.

  7. Bella discussione. Dico seriamente.
    Per Stefano: anch’io conosco tantissimi lombardi-non-italiani 🙂 bravi e capaci, a prescindere dalla rispettiva origine, ma concordo con daniele sulla necessità di adottare schemi di prevalutazione collettivi. Non per cattiveria, ma semplicemente perchè lo Stato ragiona sui grandi numeri. Esattamente come fa con me lavoratore autonomo, giudicandomi fiscalmente diverso dal lavoratore dipendente pur senza conoscermi di persona. E’ la legge dei grandi numeri. Poi chi merita ha comunque dalla sua la buona volontà, ma il mondo è imperfetto. Meglio selezionare e ridurre gli attriti piuttosto che non avere filtri e poi trovarsi con il caos.

    Per quanto, personalmente, ritenga che tutto sommato in Lombardia si sta bene sia come “italiani” (ahimè) che come non-italiani. Però i problemi ci sono e non vanno elusi da parte di chi fa politica, questo è chiaro. Anche perchè, come diceva pino, a volte sono cose minimali ma alla lunga generatrici di profondo astio fra le persone. Lavoro nell’immobiliare, so di cosa parlo. L’esempio che pino ha citato è perfettamente azzeccato.

  8. Voglio chiarire. Lungi da me inserire differenziazioni di qualsiasi genere nella legge. Non ho alcuna intenzione di buttare l’ “universalismo illuminista” nel cesso. E non sono neppure così pirla – come mi pare di avere sottolineato – da pensare che si possa fare di ogni erba un fascio. Ma quando agisci politicamente, pèrocedi per approssimazione e per categorie, non puoi valutare caso per caso, altrimenti i casi al mondo sarebbero circa 7 miliardi.

    Ma un conto è ragionare in via di principio, altro nella pratica e negli indirizzi di policy. Mi pare che nessuno si sogni di accusare Israele di discriminazione se per l’ingresso anche da turista in quel paese chiunque venga sottoposto a controlli quasi ossessivi e se l’ingresso possa essere vietato o sottoposto a una serie di condizioni qualora le autorità israeliane riscontrino dati che ritengono rischiosi a loro insindacabile giudizio come la frequentazione di paesi arabi (esattamente come credo avvenga ancora o comunque avveniva per l’ingresso in Usa per chiunque fosse stato iscritto a partiti comunisti).

    Nell’attuazione pratica dei pricnipi si possono seguire indirizzi tesi ad adatare quei principi alla concreta realtà delle cose, uscendo dalla loro astrattezza. E allora, se sai che da alcune aree del mondo è statisticamente più probabile che provengano elementi pericolosi, mi pare del tutto legittimo stringere le maglie dei filtri con la necessaria discrezionalità riconusciuta a chi ha il compito di attuare una legge.

    Comunque sia, si può discutere di come fare, ma riconoscere che modi, tempi, intensità dell’immigrazione può creare problemi è il primo passo perché si possa pensare a soluzioni. E anche per evitare che in mancanza di un’offerta politica capace di riconoscere e gestire “ragionevolmente” il problema, i cittadini finiscano inevitabilmente per rivolgersi a chi propone soluzioni del tutto “irragionevoli” (il riferimento alla “Ragione” non è casuale).

    daniele,milano

  9. Ma certo che l’immigrazione causa dei problemi. Quello che volevo dire, col post, è che c’è chi questi problemi li estremizza e fomenta la paura. In Italia percepiamo gli stranieri come se fossero il 23% della popolazione, quando in realtà sono meno del 10% (clandestini inclusi).

    I decreti flussi prevedono già quote sulla base della nazione di provenienza, e si riferiscono ai “cittadini di Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere accordi di cooperazione in materia migratoria”. Il problema è che questo sistema – come ho già scritto – non funziona: le regolarizzazioni riguardano persone che già sono presenti sul suolo italiano, trasformandosi in sanatorie. Il decreto non regola nulla: non apriamo e chiudiamo il rubinetto quando ci pare, ma il flusso è costante, senza ondate di piena.

    Tra l’altro, nel 2050 si prevede (http://www.nomisma.it/fileadmin/User/Conf0909/L_immigrazione_in_Italia.pdf) che gli stranieri saranno 10,6 milioni. Cioè, 2050, 10,6 milioni. Il doppio di adesso, tra 40 anni! Nessuna esplosione. Solamente, però, peseranno di più a causa del calo della “natività italiana” – e non è detto che sia un male, dato il progressivo invecchiamento della popolazione. Forse conviene lavorare e investire su politiche di integrazione e di conoscenza reciproca nei quartieri e nelle periferie, facendo annusare gli odori diversi e facendo ascoltare le lingue diverse. Sia tra italiani e immigrati che tra immigrati e immigrati. (A Torino, ad esempio, Ilda Curti fa cose fantastiche).

    Secondo me, agire politicamente vuol dire questo. Accompagnare e guidare il fenomeno, prendendo atto della dimensione, che non è nè da sottovalutare ma neppure catastrofica. Poi, boh, sarà che c’ho 24 anni.

    • Caspita! mangio solo pane Azzimo, ingurgito più cous cous che pastasciutta, è senz’altro più facile che mi faccia un doner kebab che non un big mac (anzi, da mc donald’s di solito ci trovi più gli immigrati, paradossalmente) e tiro via di testa per il sushi… non mi pare di avere proposto pulizie etniche!

      Sto solo dicendo che se anziché parlare di immigrati nei salotti del Pd ne parli al bar, vedi un’altra realtà, che generalmente conta di più dei proclami di principio nelle tiritere comizianti a sinistra.

      E poi: “in Italia” è un’espressione che non ha alcun senso, statisticamente. Qui a Milano percepiamo gli stranieri come fossero il 23% perché SONO (quasi) il 23%!!! Casomai è curioso (meglio, inquietante) che gli immigrati si prendano le fucilate nella schiena in Calabria dove sono meno del 2%, dove non ci sono neppure immigrati da altre regioni italiane, dove non c’è la Lega e anzi ha governato il Pd con quel gioiello di Presidente Agazio Loiero, dove il luogo comune vorrebbe che il sole il mare e tanta tanta generosa ospitalità.

      Infine: la storia della natalità è un’altra di quelle che non ho mai capito (al pari di quella sui “lavori che gli italiani non vogliono più fare” che sembra il capriccio della principessa sul pisello, roba da schiaffi):
      1) perché con questa logica al crescere della longevità sarebbe sempre e comunque necessario accompagnare una crescita della popolazione… qualcosa mi fa pensare che la terra è rotonda e non si possa andare avanti così all’infinito, salvo ipotizzare colonizzazione di altri pianeti che non mi risulta siano ancora stati scoperti.
      2) perché -come ben evidenziato da qualsiasi indagine- una volta piovuti qui, anche gli immigrati devono fare i conti con il costo della vita e di solito riducono il numero di figli, diventando a tutti gli effetti parte di una comunità nazionale in progressivo invecchiamento. Forse meglio pensare ad allungare la vita lavorativa, piuttosto che aumentare esponenzialmente le schiere di pensionati cui pagare l’assegno, no?

      Detto questo anch’io mi rendo conto che siamo un continente in declino e che il futuro sta prendendo la via della seta, ma -con permesso- cercherei di rimandare la dissoluzione della civiltà europea di qualche decennio e gestirne il declino in maniera da non ritrovarmi costretto a bere il pessimo caffé del bar gestito dai cinesi sotto casa, a presentarmi all’aeroporto di mosca vestito da artificiere, a consolare mio figlio se per caso il suo futuro suocero ha deciso di sgozzargli la futura moglie perché s’è dimenticato di convertirsi in tempo, a difendere il codice etico della mafia siciliana di fronte a una mafia dell’est che deve ancora raggiugerne il grado di evoluzione, a cercare un risotto alla milanese a Milano come fosse il timballo, a mendicare un lavoro qualsiasi perché il mio lo può fare tranquillamente un senegalese per un quarto del mio salario, a scegliere di votare un partito paranazista perché l’alternativa è la coalizione guidata dalla lista messa su dall’imam, a portare gli occhiali a raggi X per intravedere la fisionomia di una tipa fasciata da capo a piedi in una palandrana che non ne lascia visibili neppure gli occhi altrimenti il suo marito poligamo potrebbe ingelosirsi, a difendere le pessime scuole cattoliche perché quelle islamiche sono peggio, a ritrovarmi un gatto tritato nell’involtino primavera, a pagare simultaneamente una badante ucraina e la finta pensione a un napoletano perché non ho abbstanza soldi per farlo, a non aspettare 10 anni per una casa popolare qualora ne dovessi aver bisogno perché davanti a me sicuramente e giustamente passa chi ha 14 figli, eccetera.

      Non mi sembra che si tratti di pretese assurde e neppure di chiudersi a riccio nel proprio bel mondo antico. Si tratta di trovare una misura, modi, tempi. Se la politica facesse questo anziché occuparsi di come trascorre le serate il presidente del consiglio a casa sua, per me sarebbe più utile.

      daniele,milano

  10. “In Italia” ha forse più senso che dire “a Milano sono (quasi) il 23%”, se non vogliamo mettere in dubbio la competenza dell’ISTAT. Probabilmente – per fare un esempio – si saranno rilevate percezioni ben più alte a Milano che a Castrocucco. Mi auguro che l’ISTAT ci abbia pensato, quando ha effettuato la rilevazione. (Comunque, i dati che ho trovato danno al 16% gli stranieri a Milano).

    Sul declino della civiltà europea e sul rimandarlo di qualche decennio ci si potrebbe scrivere un saggio.

    Per tua informazione, frequento molto di più bar, stazioni ferroviarie e campi da calcio, che salotti della sinistra, come dici. (E allora è ancora peggio, penserai :D).

  11. Però, alla fine, non ho capito in cosa si differenzia la proposta “di sinistra” da quella “di destra” sulla gestione dell’immigrazione. A me, a questo punto, sembrano coincidere… Con la differenza che Daniele mangia il cous cous 🙂 (è una battuta, eh).

    • Secondo me:
      a) a “sinistra” nessuno parla (meglio, dovrebbe parlare) di dio-patria-famiglia, sacri suoli o, peggio, razze e altre nefandezze del genere.
      b) a “sinistra” non ha spazio la difesa di tradizioni in quanto tali, ma neppure il fatalismo per cui non si può fare niente perché “c’è la globalizzazione” (come se non fosse frutto di regole assunte su base di scelte politiche).
      c) a “sinistra” l’obiettivo non è la chiusura nelle “piccole patrie”, ma governare nei limiti del possibile il fenomeno in modo tale da non ridurre (e anzi, casomai aumentare) il benessere collettivo, l’uguaglianza e non pregiudicare principii fondanti della sua weltauschauung (dunque non solo liberali,che non sono patrimonio precipuo della sinistra).
      d) a “sinistra” lo sguardo è globale e non solo locale, comprende la dimensione collettiva (prerogative della comunità, dello Stato, della classe, ecc.) e non solo individuale.

      In questo senso – solo un esempio – noi dovremmo essere quelli capaci di dire che, con tutta la comprensione per il singolo individuo che lascia la sua terra per cercare una vita migliore, il confini sono una condizione necessaria e fondande dello Stato, per cui non possono essere violati a piacimento neppure se la spinta a farlo è la più totale disperazione: è lo Stato – in ragione delle sue preogative e delle finalità che la comunità per la quale agisce – che decide, chi, come e a quali condizioni si può entrare o uscire dalla Repubblica (tanto più che anche i cittadini italiani non hanno affatto un diritto assoluto a uscire dai confini della Repubblica, ma, in taluni casi, sono sottoposti a restrizioni).

      Mi paiono differenze non marginali.

      daniele,milano

      • P.S.: per dirla tutta: differentemente da quanto afferma la Chiesa, l’emigrazione non è un diritto assoluto dell’individuo e l’accoglienza non è un dovere assoluto né degli individui, né delle società, né tanto meno degli Stati.

  12. Bella discussione, confermo.
    E… sì Stefano, è peggio…

    Vabeh, battute a parte, io, in ossequio al mio spirito militantesco, la butto sul tremendamente concreto: a quando una bella manifestazione piddina contro il velo islamico? Attenzione, non intendo a favore di leggi che lo vietino, che è un discorso più complesso, ma proprio contro il velo in quanto negazione della dignità umana alle donne.
    Perchè se il PD sa fare solo manifestazioni contro Berlusconi e, al Nord, contro il Sole delle Alpi, beh, allora è inutile anche che i suoi esponenti parlino di immigrazione. Si dica semplicemente: va bene l’invasione, a qualsiasi condizione, senza nemmeno pretendere di insegnare un minimo di civiltà a chi arriva. Sì, proprio “civiltà”: della parità di genere, della dignità del lavoro, della tolleranza religiosa e della libertà di manifestazione del pensiero, dell’emancipazione femminile, ecc.
    Mi pare che siano tutti concetti su cui la sinistra ha giustamente preteso di insegnare qualcosa alla cittadinanza, nel corso dei decenni passati, proprio in nome di una cultura dei diritti che pretendeva essere superiore a quella del servaggio dell’uomo verso l’uomo, tipica del feudalesimo.
    Perchè non mantenere viva questa gloriosa tradizione di impegno civile anche oggi, verso migranti che, pur essendo nella gran parte dei casi brava gente, sono anche tremendamente arretrati su questi fronti?

    Oppure è molto più comodo pensare di ottenerne il consenso elettorale in un futuro prossimo, tacendo sulle LORO contraddizioni culturali?
    Di questo passo, altro che società balcanizzata per colpa della Lega… si arriverà al disastro urbano in stile quartieri delle metropoli americane, dove se non hai la camicia del colore giusto, o hai quella del colore sbagliato, rischi di beccarti una pallottola nella pancia. Si chiama tribalizzazione, e non la sta costruendo la Lega (ne sarebbe del tutto incapace anche volendolo), bensì un appeasement estremo della sinistra verso il fenomeno migratorio.

    Parola di uno che ogni giorno intrattiene cordiali rapporti di lavoro con tanti lombardi-non-italiani. Ma non è che io abbia le fette di salame sugli occhi e non mi accorga di tanti dei loro limiti culturali (non è bello sentirsi dire dall’egiziano di turno che l’idraulico in casa sua deve andare solo il sabato mattina quando c’è lui, perchè se lui non è in casa non si può entrare… chissà perchè…)

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