FT e WSJ disegnano i nuovi confini dell’Europa

Strane coincidenze, sulla stampa anglofona. E ancora più strano che la stampa sia quella che conta, a livello globale: Wall Street Journal, 12 luglio, e Financial Times, 13 giugno, tracciano scenari e, soprattutto, nuovi confini geografici sulla cartina dell’Europa.

Il pezzo del Wall Street Journal, di Marcia Christoff Kurapovna, comincia così:

The current discussion of how Greece and Italy can overcome their economic devastation will have little effect until these countries finally decide to stop faking their own existence. Neither country has functioned as a centralized state since their unification movements of the mid-19th century, the result of ideals more romantic than realistic.

Bum! “Italia e Grecia devono smetterla di falsificare la loro esistenza“, se vogliono uscire dalla crisi. Perché è nel modello delle “città-stato” italiane che l’autrice dell’articolo vede la scintilla della crescita economica, e di una storia comune:

The Italian city-state, much like the poleis of ancient Greece, held to no one-size-fits-all model. Liberal Florence was unlike despotic Milan, which in turn was a far cry from the small and resolutely independent Lucca. The mercantile paradise of Genoa had little in common with the otherworldly principality that was Venice.

Economic competition tied them together, particularly as each city-state struggled for prominence after the retreat of the Holy Roman Empire from Italy after 1400 and the peninsula was basically a land with no government. This competition became the engine of growth and power.

E insomma, la soluzione, seguendo questo ragionamento, sarebbe il ritorno a forme di governo precedenti all’unità nazionale, magari simili alla Baviera, per la sua autonomia, o ai cantoni svizzeri. Perché “regional competition, the necessity of private property, entrepreneurial freedom, the leadership of visionaries and of conservative economic practices” furono gli elementi che trascinarono l’Italia (e la Grecia) fuori dalla sua età buia.

Il Financial Times, invece, ragiona sulla crisi del processo di integrazione europea, partendo da un augurio di Bush senior, del 1989 – “Let Europe be whole and free“. In questo senso – scrive Tony Barber – il solo pensiero che la fuoriuscita della Grecia dall’UE aiuterebbe a stabilizzare tutta l’Eurozona, oltre ai possibili rischi finanziari e alle profonde conseguenze politiche, sancirebbe che il processo di integrazione non è qualcosa di irreversibile, anzi. E la successiva questione è “quanto a est ci si possa spingere”, che apre a questo passaggio:

For some in EU founder member states, the ideal of unity is not the Roman empire, which included London and Constantinople within its boundaries, but Charlemagne’s medieval empire, consisting essentially of France, the Benelux countries, Germany and northern Italy.

Dopo alcuni passaggi che delineano le possibilità di una maggiore integrazione, la conclusione è la seguente, e sembra riprendere il passaggio riportato qui sopra:

Franco-German differences are nothing new in EU history. It is possible the two nations will again find a way to keep alive some version of European unity. But if they do, it will be a political federation or fiscal union limited in scope. Nor will all 27 existing EU member states be part of it. If Europe’s luck holds, it will in the future be free. But it will be something less than whole.

Quindi, è possibile che Francia e Germania troveranno un modo di mantenere vivo il sogno europeo, ma in versione limitata, sia dal punto di vista delle competenze che dal punto di vista dei partecipanti. Libera, forse, ma non whole, un tutt’uno, come si augurava Bush senior. E la domanda è: e noi?

11 pensieri su “FT e WSJ disegnano i nuovi confini dell’Europa

  1. Noi dobbiamo secedere, Stefano.
    Lega o non Lega, PD o non PD, indipendentisti o non indipendentisti, nazione italiana o non nazione italiana, valori risorgimentali o non valori risorgimentali, integrazione o non integrazione, welfare o non welfare, sostenibilità o non sostenibilità, radici cristiane o non radici cristiane, allargamento UE o non allargamento UE, tassazione bassa o non tassazione bassa, dai mobili agli immobili o non dai mobili agli immobili.
    Inter o Milan, Juventus o Napoli, Brambilla o Warnakulasuriya, brianzoli doc o figli di terroni, avveduti giovani progressisti o rednecks delle valli bergamasche.

    Noi dobbiamo secedere, Stefano.
    Dalla Regione Lombardia alla Repubblica Lombarda.
    Meglio stare meglio.
    Yes, we can.

    Pensiamoci,
    Alex

    • Ma io scrivo questi post per ricordarmi della terribile alternativa, “secessione – recessione”, e stimolare la ricerca della terza via. 🙂

      • Ah capisco, tu fai parte dei predatori dell’alTRA (via) perduta (perduta TRA parentesi)… 😀
        (sì lo so, qui si va oltre il gioco di parole, siamo al puro rebus da crossover bloggofilo 🙂 )
        Buona ricerca allora Olona Jones, occhio alle palle di pietra giganti e rotolanti però eh!

  2. Pingback: Riflessione sul 14 luglio e altro. Albinea? « citizensquare

  3. “Even Italy has its own modern city-state. The autonomous province of South Tyrol is essentially the fief of its animated lord-governor, Luis Durnwalder, who has been in office for 23 years—and who draws a salary higher than President Obama’s.

    Since the 1990s, South Tyrol has become one of the most prosperous regions in Italy and in the whole of Europe. It has almost no unemployment and is debt-free. Its GDP per capita is 30% higher than Italy’s national average and twice as high as in Sicily. As punishment for this success, Rome requires South Tyrol to pay tribute: Since 2010, the region has been forced to give 10% of its budget, or about €500 million, to the financially strapped central government.”

    Dove li ha presi questi dati l’autrice? 500 milioni dal Sud Tirolo all’Italia?

    (c’è scritto che l’autrice risiede a Vienna, mi sa che devo andare giù di google)

  4. “E noi?”. E noi con l’Europa carolingia, natürlich.

    Ma al di là di tutto, cos’è – Stefano – che ti inchioda all’estremismo conservatore (e all’illusione) per cui tutto dovrebbe restare com’è o come si immaginarono, sbagliando, che sarebbe stato 150 anni fa? Cos’è che ti frena nell’immaginare soluzioni diverse da quella che tutto resti com’è, tentando ancora di costruire contro ogni evidenza un sogno che s’è infranto da tempo e non ha retto minimamente alla prova della realtà?

    daniele,milano

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