Diventare grandi e guardare dall’alto

Profilo di Città Alta, di Vania Russo – L’Eco di Bergamo

Uno dei temi che fa parte del piccolo bando che abbiamo proposto alcuni giorni fa riguarda il rapporto tra centro e periferia dello Statoche si chiama patto di stabilità, che sono i piccoli comuni costretti a fare cassa svendendo il territorio, che si chiama anche spending review, scrivevamo.

Il testo di Roberto Balzani – sindaco di Forlì e docente di Storia contemporanea – Cinque anni di solitudine ci dà una grossa mano nel rovesciare il tavolo, così da poterlo guardare da un’altra prospettiva. Dal basso, dai piedi, dalla provincia e dalle città, verso l’alto. Ma il paradosso – e qui viene il bello – è che la visione dal basso non va a discapito della prospettiva, della visione ma, anzi, la favorisce. Vuoi perché chi ci governa e chi amministra le nostre città e le nostre province sembra appiattito sul presente, schiacciato dalla volontà di fare presto e subito, vuoi perché la «sindrome di Renato Serra» (la partecipe identificazione con un destino collettivo, che è poi il vento profondo, risorgimentale, che riempie di senso le cose, che dà ragione alla passione) sembra offrire una speranza, la speranza di restituire prospettiva all’azione politica.

In questo caso, parliamo dei comuni e delle province italiane, che ci troviamo a dover gestire in un contesto in cui le risorse finanziarie cominciano ad apparire limitate e, allo stesso tempo, senza che ci sia la volontà di chi ora ci amministra di riformare qualcosa.

Per guardare le cose dall’alto, bisogna diventare grandi, devono diventare grandi sia i piccoli comuni – che sono tanti in questo Paese – che le province – che sono troppissime. Senza demagogia, ma con visione prospettica, perché abbiamo la necessità di una programmazione superiore ai piccoli feudi se vogliamo godere della vista dall’alto, ma che venga realizzata sulla base di rapporti di forza differenti: se il comune deve mediare con tutti gli altri comuni, e tutti gli altri comuni devono mediare con la provincia, e la provincia con un’altra provincia che a sua volta media con i suoi comuni che mediano tra di loro, alla fine prevale l’elemento negoziale e non quello strategico, prevale l’arcigna rivendicazione di un ruolo invece che la visione complessiva.

E chi le farà queste cose? Chi troverà gli equilibri ottimali? Balzani risponde: noi, gli amministrati. O, perlomeno, chi ci starà, chi si metterà al servizio, perché gli strumenti ci sono e le cose è meglio farle prima che tutto sia precipitato. Perché, di questo passo, esploderà l’asimmetria tra spazio della rappresentanza e spazio della gestione

E il vento profondo cosa ci piglia con tutto ciò? Ci piglia che è una grande occasione, quella di ripensare i rapporti tra enti locali, per . Possiamo essere noi, gli amministrati, a identificare i bisogni e le aspirazioni di autonomia dell’autentica realtà periferica italiana lasciando da parte la difesa accanita di una presunta identità, come vorrebbero i neoregionalismi tradizionalistici e irrazionalistici in questo primo scorcio di secolo, con l’unico fine di far combaciare lo spazio amministrativo con lo spazio socioeconomico, onde ridurre gli sprechi (di tempo e di risorse) ed inutili negoziazioni.

I territori possono e debbono essere raccontati attraverso la memoria culturale […] ma possono e debbono essere governati da una visioneEcco, se avete una visione da proporre, un’idea che tenete nel cassetto da tanto tempo, qualche dato, qualche numero, è il momento di tirarli fuori e spedirli a onthenord@gmail.com.

A chi fosse interessato consiglio il blog Bene in Comune, di Roberto Rampi.

Un pensiero su “Diventare grandi e guardare dall’alto

  1. Parlano di voi:

    http://www.ilpost.it/2012/05/25/abbassare-tasse-libro-civati/

    “Come scrive Gabrio Casati riprendendo Carlo Levi, si tratta di distinguere tra “luigini” e “contadini”, chi lavora per creare ricchezza e chi questa ricchezza deve saperla amministrare meglio, anziché mettersela in tasca e approfittarsene, o dilapidarla, o entrambe le cose. Per Gabrio Casati questa è la matrice della “Questione Settentrionale”, che non è questione geografica, ma eminentemente politica.”

    Quindi Casati dice che geograficamente non ci sono problemi….mah avrò letto male io.

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